sabato 31 dicembre 2011

Auspici per il 2012...ed il 2013...ed il 2014 e oltre...




I decreti del destino guidano chi è consenziente, e trascinano chi non lo è
Seneca

Che giova a un uomo guadagnare tutto il mondo se perde l’anima sua?
Marco, 8:36

Per cosa è nato l’uomo se non per essere un riformatore, un rimodellatore di ciò che è stato fatto; un rinunciatore delle menzogne; un restauratore della verità e del bene, ad imitazione della grande natura che ci stringe tutti al suo petto, e che mai si assopisce su passato remoto, ma si ripara in ogni istante, offrendoci ogni mattino un nuovo giorno, e con ogni pulsazione una nuova vita?
R.W. Emerson

Pensiamo troppo alla farina, parliamo troppo di farina, scambiamo troppi buoni per la farina, il burro, la carne e il formaggio invece di libri e pensieri. La farina è la nostra unica preoccupazione. Dal tanto guardare farina non riusciamo nemmeno più a vedere che ben altre cose si fanno sempre più rare e razionate, come il diritto, la dignità, il parlare libero. Scordiamoci della farina, di tanto in tanto! Per lo meno della nostra, di farina, e pensiamo un po’ di più a quelli che ne hanno meno o non ne hanno del tutto.
Emmy Moor, lettrice del Berner Tagwacht, 22 aprile 1943

Una regione europea alpina non ha bisogno di ancorarsi ad “un’origine etnica, linguistica e culturale comune a tutti i cittadini”: invece il contratto politico tra le genti alpine si dovrebbe basare su un progetto di tutela del patrimonio comune (le Alpi), definendo strumenti comuni, valorizzando le diverse tradizioni. La regione europea alpina sarebbe espressione di una cultura politica da spirito europeo e federalista, che pone in primo piano la persona, i suoi diritti, la sua capacità di influenzare le decisioni, valorizzando le identità complesse e non il criterio dell’omogeneità etnica
Bruno Luverà, I confini dell’odio. Il nazionalismo etnico e la nuova destra europea, 1999


Lo storico altoatesino Claudio Nolet, che cura la pubblicazione della rivista «Il Cristallo», ha chiesto a me e a Mauro Fattor di immaginare cosa il futuro possa avere in serbo per l’Alto Adige. Alla sua domanda, che fa riferimento al libro “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” (Raetia, 2010), segue la mia risposta.

“Nella seconda parte Fait svolge il tema che gli sta più a cuore, quello dell’affermazione della libertà della persona rispetto a modelli precostituiti e a norme fissate dalla collettività. È una posizione forte che ci fa chiedere se dalla sua analisi dei miti etnici non risulti che contro di essi non ci sia altra possibilità di riscatto se non con un atto di conversione radicale. Non c’è anche la via di una graduale correzione di abiti mentali generati dall’influenza dominante dell’ambiente?”

La mia risposta è che esistono molti futuri possibili, una situazione analoga alla premessa di “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, di Jorge Luis Borges. Molto dipende dal numero di residenti in Alto Adige che risponderebbero affermativamente alla domanda: “ci sono persone in Alto Adige così ignoranti, faziose e poco lucide che sarebbe meglio privarle della libertà d’espressione e del diritto di voto, almeno localmente?”.
Molti intervistati non risponderebbero sinceramente, quindi non sapremmo mai l’incidenza effettiva di questa mentalità autoritaria. Quel che sappiamo con certezza, invece, è che contrapporre un gruppo all’altro serve unicamente ad ostacolare la maturazione della società civile e quindi a giustificare misure paternalistiche e tecnocratiche da parte delle autorità nei confronti dei cittadini. Dal che ne consegue che il cambiamento non proverrà dall’alto. La storiografia lo conferma: chi detiene il potere non ama il cambiamento, a meno che questo non serva a rafforzarne la posizione. Perciò la conversione, graduale o subitanea che sia, deve cominciare dal basso, dalla gente comune.
Nei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni commentava la difficoltà con la quale pochi riuscivano ad esternare il proprio scetticismo in merito alla reale esistenza degli untori con una frase davvero molto bella: “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune” (cf. cap. XXXII). Il potere repressivo della tradizione (il senso comune) sulla voce della nostra coscienza (il buon senso) è quello che, finora ci ha impedito, non solo in Alto Adige, di farci un’idea chiara di come dovremmo stare al mondo. Anche da questo dipende il successo delle riforme auspicate, che sono riforme delle coscienza e, in quanto tali, si avviano solo quando i tempi sono maturi.
Lo sono, in Alto Adige, questi tempi? No.
E quando lo saranno? Credo molto prima di quanto ci si potrebbe aspettare. Il malessere che attraversa il mondo intero lascia intendere che non ci sarà gradualismo, anche se quella sarebbe la via più auspicabile. Ci sarà una cesura, un prima e un dopo. Tutto sta nel capire come ci si arriverà. 

Grandi pensatori si sono succeduti nella storia ripetendo sostanzialmente due verità, rimaste per lo più inascoltate, che ci sarebbero di grande aiuto: “fate agli altri ciò che desiderano sia fatto loro” ed “a ciascuno il suo”, o per meglio dire “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”. Quest’ultima è una norma di condotta che non si trova solo in Marx ma anche nel Nuovo Testamento, nella forma: “Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno” (Atti degli apostoli 4, 34-35).
Sono verità facili da memorizzare ma difficili da mettere in pratica per degli esseri viventi così egotisti quali noi siamo. Se li avessimo ascoltati, non ci troveremmo alla mercé delle multinazionali, dei guerrafondai, dei populisti, dei settarismi più disparati (i famosi golem di cui sopra). Se li avessimo ascoltati, avremmo capito che la vita migliore è una vita sobria e che questa civiltà dei bisogni indotti e della loro complicazione e proliferazione ci sta portando alla rovina.
Avremmo anche capito che chi si avvinghia ad un paradigma obsoleto quando questo si sta estinguendo, finirà con esso nell’abisso. Sono convinto che quel momento stia sopraggiungendo – a causa della crisi del capitalismo e della crisi climatica, che avrà effetti imprevedibili e presumibilmente agghiaccianti, nel senso letterale del termine – e che molti rimarranno sorpresi di quanto fragili siano i presupposti, così superficiali ed esteriori, su cui si fondano le nostre società “avanzate”, incluso l’Alto Adige. 
“Contro i Miti Etnici” (CME) è nato anche per offrire una visione alternativa, recuperando quella che ha ispirato le migliori forze riformatrici del passato, l’idea di un luogo in cui uomini e donne godono della piena libertà di cercare la verità e di coltivare la loro vita interiore. Dove ci si riunisce e si lavora assieme per il Bene Comune, quello degli esseri umani e quello della natura.
Era questo lo spirito con cui fu fondata l’America e molti sionisti credevano in un Israele molto simile a questo “luogo dell’anima”. Credo che Alexander Langer fosse sostanzialmente in linea con questo tipo di aspirazioni. Oggi, purtroppo, Israele e Stati Uniti paiono avviati a convertirsi nell’antitesi di queste visioni nobili del destino umano. Il nostro compito dovrebbe essere quello di impedire che ciò accada all’Alto Adige.
Ma, per avere successo, dobbiamo sforzarci di far capire a quante più persone è possibile che è giunto il tempo di lasciar andare la presa, di togliersi dall’ombra dei golem, di allontanarsi, ciascuno nei suoi modi e nei suoi tempi, dai paradigmi che erano validi prima ma che ora rischiano di trascinarci a fondo. È tempo di procedere oltre. “Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato” (1 Corinzi 13: 11).
In queste fasi di grandi sommovimenti, di insicurezza, di trepidazione, di enormi sfide, è facile irrigidirsi, tornare sui propri passi, verso il bordo della vasca, verso la riva. Ma è importante insistere, perché molti di noi sanno già nuotare e non devono disperare solo perché tanti altri – quelli che indossano un’armatura di maiuscole totemiche: Disciplina, Tradizione, Patria, Dovere, Natura, ecc. – vogliono convincerci che se gli esseri umani fossero fatti per stare in acqua, avrebbero branchie e pinne.
Per il momento, finché non giungerà il tempo della Grande Cesura, sarà necessario fare buon viso a cattivo gioco e conformarsi alle sue regole, ma nella consapevolezza che quel gioco e quelle regole sono sorpassate – “al tempo stesso dentro e fuori dal gioco, osservandolo e meravigliandosene”, diceva Walt Whitman. Nella consapevolezza che chi si oppone al cambiamento apparterrà al passato e chi invece si lascia sospingere dall’onda del cambiamento apparterrà al futuro, sarà il futuro
Mi rendo conto che sposare una causa che richiede una vera e propria apocalisse della mente non sia semplice, ma i fisici hanno pur dovuto ammettere che il modello newtoniano di un universo meccanico, gerarchico e perfettamente ordinato era una descrizione inadeguata della realtà. Anche noi arriveremo ad accettare il fatto che i golem non hanno mai avuto alcuna esistenza reale, ma erano il parto delle nostre fantasie, delle ombre, dei riflessi, degli idoli di burro che si sciolgono al sole dei fatti, dei parassiti che s’impiantano nella nostra coscienza per poi dirle cosa fare solo a patto che li riconosciamo come nostri signori e padroni: sono qualunque cosa, ma non la realtà.
Capiremo che venerare i golem esige da noi la negazione di quasi tutto ciò che occorre per preservare il nostro equilibrio psichico e la nostra integrità morale ed intellettuale e per indurci alla sottomissione, alla negazione di sé, alla contrizione, all’espiazione, alla docilità, all’umiltà interessata – virtù utili solo a chi cerca di sopprimere il libero arbitrio e la dignità altrui e propria.
Capiremo che credere nella dignità umana significa cercare di sviluppare le proprie potenzialità invece di lasciarle latenti; resistere alla tentazione di imitare gli altri o conformarsi in modo irriflessivo alle usanze, mode e mentalità prevalenti; resistere alla tentazione di fingere di essere ciò che non si è, di recitare una parte per gli altri e per se stesso; e, più importante di tutto il resto, significa attribuire ad ogni singola persona questo pensiero: “ho una vita da vivere, è la mia vita e quella di nessun altro, è la mia unica vita, fatemela vivere. Esisto e nessuno può prendere il mio posto, perché non sono stato programmato per essere ciò che sono diventato” (Kateb, 2011).
Allora saremo anche pronti ad accettare l’idea che il principio fondante delle nostre società sono i diritti, non la democrazia, perché una democrazia che non sia costituzionale (una democrazia plebiscitaria, del tipo che è tanto in voga nelle Alpi) non è più tale: il costituzionalismo limita i capricci della sovranità popolare. I diritti esistono indipendentemente dalla nostra volontà, non scaturiscono dalla volontà popolare. Nessuna maggioranza referendaria li può abolire, anche se fosse un singolo diritto di una singola persona che non se ne curasse più di tanto. Statuti, convenzioni e carte costituzionali non li rendono possibili, li riconoscono, perché non sono stati inventati, sono sempre esistiti. Sono verità di per sé evidenti, evidenti per chi abbia una sufficiente conoscenza, coscienza e sensibilità (Kateb, 2011).
Dopo di che saremo pronti a disfarci della pulizia etnica concettuale attraverso la quale cancelliamo l’altro dalla nostra coscienza, rifiutandoci di riconoscere che il diritto di noi tutti di esistere implica anche l’obbligo di comportarci con decenza l’uno verso l’altro; e che se la mappa non è il territorio, ossia se la nostra mappatura della realtà è soggettiva, solo uno stolto si rifiuterebbe di consultare le mappe altrui, magari persino vietandole. La censura ed il paternalismo sono garanti della menzogna e dell’impostura, annunciatori di sventura.
In Alto Adige ciò renderà possibile il superamento di un sistema che è nemico della dignità umana ed in contraddizione con i diritti umani e che è stato tenuto in vita da chi ha continuato a credere che fosse possibile avere la botte piena e la moglie ubriaca, che si potessero trattare i cittadini da bambini, anche quando sono già adulti.

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