mercoledì 30 novembre 2011

Il sentimento oceanico (Etica per un Mondo Nuovo)




Tutto l’egotismo svanisce; le correnti dell’Essere Universale circolano attraverso di me; io sono parte o particella di Dio.
R.W. Emerson, “Natura”

E infatti la personalità si dissolveva come un grano di sale nel mare; ma nello stesso tempo il mare infinito sembrava essere contenuto nel granello di sale. Il granello non poteva più essere localizzato nel tempo e nello spazio. Era in uno stato in cui il pensiero perdeva la sua direzione e cominciava a girare su se stesso, come l'ago della bussola nelle vicinanze di un polo magnetico; finché si sradicava dal suo asse e cominciava a vagare liberamente nello spazio, come un nodo di luce nella notte; finché sembrava che ogni pensiero e ogni sensazione, ogni dolore e perfino la gioia fossero soltanto le linee dello spettro dello stesso raggio di luce, disintegratesi nel prisma della coscienza.
Arthur Koestler, “Buio a Mezzogiorno”

Sembrava [la moglie del collega Alfred North Whitehead] tagliata fuori da tutto e da tutti da muri di agonia ed improvvisamente fui sopraffatto dal senso di solitudine di ogni anima umana. Da quanto mi ero sposato la mia vita emotiva era stata calma e superficiale. Mi ero scordato di tutte queste questioni più profonde, accontentandomi di frivole arguzie. All’improvviso mi sentii mancare il terreno sotto i piedi e mi trovai altrove…Al termine di quei cinque minuti ero diventato una persona completamente differente. Per un momento, una sorta di illuminazione mistica s’impadronì di me. Sentivo di conoscere i pensieri più intimi di tutte le persone che incontrato per strada ed anche se questo era indubbiamente un’illusione, mi trovai effettivamente a più stretto contatto con tutti i miei amici e molte delle mie conoscenze. Da imperialista, in quei cinque minuti, divenni un sostenitore dei Boeri ed un pacifista. Dopo aver passato lunghi anni interessandomi solo alla precisione ed all’analisi, mi ritrovai inondato di sensazioni semi-mistiche riguardanti la bellezza, con un intenso interesse per i bambini, e con un desiderio quasi altrettanto profondo di quello del Buddha di trovare una quale filosofia che rendesse tollerabile la vita umana. Fui preda di una strana eccitazione  che conteneva in sé un dolore intenso ma anche degli elementi di trionfo per via del fatto che riuscivo a dominare la sofferenza, trasformandola, così credevo, in un cammino di sapienza. Da allora l’intuizione mistica che immaginavo di possedere si è annebbiata e l’abitudine all’analisi si è riaffermata. Ma qualcosa di quel che ho pensato di vedere in quel momento mi è restato dentro, motivando il mio atteggiamento nei confronti della prima guerra mondiale, il mio interesse per i bambini, la mia indifferenza per i piccoli inconvenienti ed un certo tono emotivo in tutte le mie relazioni umane.
Bertrand Russell, “The autobiography of Bertrand Russell”, vol. 1, London: Allen and UNwin, 1967.

Io sono l'amante dell'irresistibile ed immortale bellezza
R.W. Emerson, Nature

Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza prima aver fatto la nostra parte dentro di noi. E' l'unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove.
Etty Hillesum

I mistici sono accomunati dall’estensività, ossia la capacità di usare l’empatia per decentrarsi, spersonalizzarsi, accogliendo nel proprio Io ogni altro pronome personale. Qui è utile il confronto con uno dei grandi mistici sufi, Mansur al-Hallaj (858-922), la cui vita ha davvero molto in comune con quella di Socrate e di Gesù (Massignon, 1975). Al-Hallaj, dopo aver proclamato la propria consustanzialità con Dio, con il Cosmo e con gli altri esseri umani – al-Haqq, “Io sono il Reale”, “Io sono la Verità”, “Io sono Dio” – si difese dalle accuse dei musulmani ortodossi affermando che “Egli è il tutto in tutto e voi dite che Egli è lontano da me. L’oceano circonfluente non è lontano e non finisce mai” (Elenjimittam, 2001, p. 420). L’idea di individualità impersonale – o sentimento oceanico, o coscienza cosmica, o super-anima, o super-coscienza, o estasi trascendentale, ecc. – è perfettamente espressa da un suo verso: “In quella gloria non c’è ‘Io’ o ‘Noi’ o ‘Tu’. ‘Io’, ‘Noi’, ‘Tu’ e ‘Lui’ sono la stessa cosa” (Nicholson, 1914). La natura umana e quella divina si fondono e mescolano, divenendo indistinguibili: si è totalmente individuati e, al tempo stesso, totalmente partecipi.
I mistici sono in grado di espandere i confini del proprio ego fino ad includere dei totali sconosciuti; una capacità, questa, che sarà gradualmente estesa agli animali ed alle piante, perché il nostro destino, a giudicare dalle lucidissime intuizioni dei mistici, è quello di una totale compartecipazione nell'esperienza della vita sul pianeta e probabilmente nello spazio. Come ha ben illustrato Jiddu Krishnamurti, la divisione ontologico-categoriale, a partire da quella tra Soggetto ed Oggetto, è all’origine della nostra bancarotta morale. In pratica il primo processo necessario allo sviluppo di una coscienza altruistica è la costruzione di un’identità personale forte. Questo perché le persone che non si differenziano dal proprio gruppo di riferimento generano tensioni egocentrizzanti che non solo impediscono il manifestarsi di un altruismo spontaneo ma fomentano atteggiamenti discriminatori. La separazione dell’io dal “noi” è dunque più importante di quella dell’io dal “loro” (Jarymowicz, 1993).
È importante rilevare come l’ottica dell’individualità impersonale caratterizzasse anche alcune delle vittime più illustri dell'Olocausto e della guerra, come Anna Frank, Etty Hillesum, Edith Stein e Simone Weil. In tutte loro non si può fare a meno di notare un sentimento di profonda compartecipazione alle vicende umane nella loro totalità. Ne scaturisce una comprensione e condivisione universale che va oltre i confini del tempo, dello spazio e del giudizio morale sulle motivazioni dei loro stessi carnefici. Umanissime protagoniste della propria e dell’altrui vita, della propria e dell’altrui storia, queste filosofe della vita e dell’amore hanno sconfitto il progetto nazista di deumanizzazione tramite l'irradiamento di un potente narcisismo collettivo ed il sogno hitleriano di imporre una morale pre-moderna, improntata alla durezza egoista e virilista ed all’esclusivismo etnico-razziale.
Il loro maggior merito, a mio parere è stato quello di cogliere il senso più ampio della sofferenza umana, trasformandolo, esorcizzandolo e cercando di arginare nel contempo la disistima dei posteri nei confronti della storia e dell’umanità in generale. In questo senso, l’analisi attenta e perspicace della Shoah fatta da Primo Levi, sopravvissuto per poi morire suicida, risulta probabilmente incompleta senza la loro l’idea di redenzione impersonale e di coscienza cosmica, intese in un’accezione più ampia di quella cattolica. Ma quale accezione? Il punto di partenza è quello dell'accidentalità dell'Io.
È semplicemente ridicolo lasciarsi ossessionare dalle proprie radici quando, per quel che ci è dato di sapere, il nostro luogo e momento di nascita è del tutto casuale. Un mistico come Eckhart aggiungerebbe che è altrettanto sbagliato ignorare il Sé Universale per far confluire tutte le nostre energie in quest'io accidentale e provvisorio che tiranneggia noi e tiene a distanza ciò che ci circonda - tutti avranno notato come cambiano i nostri movimenti ed atteggiamenti se siamo soli o se c’è qualcun altro in una stanza, per quanto disinteressato a quel che facciamo. Per Eckhart solo la morte ci riavvicina alla sorgente originaria della creazione, che è totalmente impersonale, come nel Buddhismo. In vita, possiamo intravedere la nostra condizione oltremondana se ci tuffiamo nell’oceano della supercoscienza, la superanima di Emerson.
È il “sentimento oceanico” che lo scrittore francese Romain Rolland aveva suggerito al suo amico Sigmund Freud di investigare metodicamente, descrivendo questa sensazione come quella di “un’onda in un oceano sconfinato”. Il padre della psicanalisi, però, non potendolo esperire in prima persona, non riuscì mai a classificarlo e razionalizzarlo e lo liquidò alla stregua di una sindrome.
Stando alle descrizioni che ne danno i mistici, tra i quali il già citato Al-Hallaj, si tratta dello stato mentale che segue la parziale o totale soppressione dell'Io o comunque il suo confluire nell'oceano del Sé cosmico (o Dio) e la conseguente sensazione di unità con tutto quello che, in precedenza, si considerava “il resto”. L’oceano interiore, che è l'habitat dell'individualità impersonale, non ha nulla a che vedere con il senso di trascinamento e dispersione nelle folle oceaniche che acclamano i dittatori, se non nel senso che la possibile esistenza nella nostra specie di un meccanismo innato che ci invita alla trascendenza può facilitare la psicologia delle folle (Sironneau, 1982). Per tutto il resto questo fenomeno è diametralmente opposto a quello che mi interessa. Non a caso Emerson amava la solitudine nella natura: “Stando sul nudo terreno... il gretto egotismo svanisce. Divento un occhio trasparente; non sono nulla; vedo tutto; le correnti dell’Essere Universale mi attraversano; sono parte o particella di Dio ("Nature", 1844). Qui la trascendenza è intesa come la percezione di essere una parte del tutto, il quale sarebbe incompleto senza di noi. Esattamente l’opposto di quel che predicano i totalitarismi, sempre disposti a sacrificare l’individuo a maggior gloria del corpo politico o razziale.
Leggiamo un'altra testimonianza preziosa, quella del filosofo francese Pierre Hadot (2008, p. 9): “Provavo un senso di estraneità, lo stupore e la meraviglia di esserci. Nello stesso tempo, percepivo di essere immerso nel mondo, di farne parte, e che il mondo si estendeva dal più piccolo filo d’erba fino alle stelle. Il mondo mi era presente, intensamente presente. Molto più tardi avrei scoperto che questa presa di coscienza del mio essere immerso nel mondo, questa impressione di appartenenza al Tutto, era ciò che Romaine Rolland ha chiamato il “sentimento oceanico”. […] Solo molto più tardi ho scoperto che molte persone hanno esperienze analoghe, ma non ne parlano”. Persone come Plotino, filosofo e mistico neo-platonico che ricavava dalla sua disponibilità verso il trascendente l’energia e la volontà per rendersi amabilmente e calorosamente disponibile verso gli altri, sostenendo che “la natura di tutti gli esseri va accettata con dolcezza” (Hadot, op. cit. p. 91). Hadot chiama questo atteggiamento “un’aspettativa amorosa nei confronti del mondo” e riferisce che, secondo Plotino, l’essere umano può raggiungere questa condizione quando resta immobile e tutte le cose si volgono verso di lui “come un cerchio si volge verso il centro da cui emanano i raggi”. Questa è un’immagine che riporta alla mente le pratiche meditative asiatiche ma anche, e piuttosto sorprendentemente, il precetto dei Desana della Colombia, che rappresentano il saggio come un uomo ritto in piedi, a fungere da asse cosmico: “Raggiungere questo stato di riflessione, stabilizzazione ed equilibrio è l’ideale degli uomini Desana perché solo allora incontra la sicurezza data dalla comprensione della religione e della sua funzione nella vita della società”. (Sullivan, 1988: p. 382).
E non è ancor più affascinante riscoprire la medesima immagine nei Vangeli e nel “Paradiso Riconquistato” di John Milton?
Una differenza non marginale tra l’antropologia desana e l’antropologia perenne (cf. “filosofia perenne”, Aldous Huxley) per come ha preso forma nel Vecchio Mondo risiede nel fatto che la mistica a noi più familiare è una mistica dell’accoglienza, dell’appartenenza alla comunità umana (koinomia) ed include l’intera specie umana, mentre quella dei nativi americani è più localizzata, per via del relativo isolamento delle tribù indigene rispetto al resto del mondo. Detto questo, è assai probabile che gli sciamani indigeni provino il medesimo “sentimento di coappartenenza essenziale” con l’universo circostante e condividerebbero la descrizione plotiniana di “un’immersione, dilatazione dell’io in un Altro al quale l’io non è estraneo, poiché ne costituisce una parte” (Hadot, 2008, p. 12). Come per i Giusti, anche se in una forma estremamente più intensa,
si verifica un’espansione di sé (io trascendentale) a contenere il mondo circostante, verso l’infinito. Hadot, in sintonia con Simone Weil, che però non cita, suggerisce che non vi possa essere un’autentica preoccupazione per gli altri senza l’oblio del sé (Hadot, ibid., p. 147). Di nuovo il tema dell’individualità impersonale. Vediamo altre citazioni. “Tutto ciò che mi circondava sembrò essersi all’improvviso ritrovato dentro di me. L’universo intero pareva dimorare in me (Forrest Reid, cf. Hulin 2000, p. 47). “Le frontiere tra il mio corpo e il mondo svanivano o, piuttosto, parevano non essere state altro che un’allucinazione della mia ragione che si scioglieva al fuoco dell’evidenza” (ibid., p. 50). “Ero in tutto ciò che è stato, che fu e che sarà; ora mi rendo conto che l’uomo è la misura dello spazio e del tempo, niente esiste prima o dopo, ma tutto è presente simultaneamente” (p. 52). “Io sono una particella dell’universo. L’universo è felice in me” (p. 84). Sento dentro di me e attorno a me una solleticante infinita rispondenza” (p. 88). La testimonianza di un giovane psichiatra che si prestò a fare la cavia in un esperimento clinico sugli effetti dell’LSD ci riporta all’universo morale dei Giusti. Parla della “essenziale bontà presente in ogni individuo” e di una “vasta unità amichevole, calda, protettrice”: “La mia sensazione era che, una volta spogliati delle difese e di tutti i detriti che, per così dire, accumulano nel corso della loro esistenza, gli uomini risultano fondamentalmente fratelli. […]. Mi sembrava che tutti fossero miei amici o, almeno, lo sarebbero stati se avessero potuto spogliarsi delle armature e ridursi al loro nucleo essenziale. […] Questa verità sembrava comunicarmi che in un certo qual modo, un filo, o un pensiero o un legame qualunque collega le nostre persone o, se si vuole, le nostre anime” (p. 116). L’agape, l’amore puro; evocato da Vito Mancuso per onorare un soldato tedesco che si lasciò fucilare assieme a dei civili jugoslavi dopo essersi rifiutato di partecipare al plotone di esecuzione che li doveva massacrare come rappresaglia per l’uccisione di alcuni soldati tedeschi da parte dei partigiani (Mancuso, 2008). Lo stato di perfezione dell’essere umano che, per parafrasare Weil, non può fare a meno di amare, come lo smeraldo non può cessare di essere verde. Una persona che si disidentifica, preparata ad assumere una, nessuna, centomila identità e personalità diverse, senza lasciarsi tiranneggiare dalla sua identità convenzionale. L’impersonalità, o infinitezza, è il segreto per una socialità nella sua forma più alta, per un’umanità possibile: interconnessa e corale, indivisa e completa, compassionevole, equanime e libera. Non le identificazioni totemiche della nazione, del partito, della squadra, dell’etnia o della religione, non l’idolatria tribale dell’amor patrio e dell’amore per un dio creato a propria immagine e somiglianza e non vice versa. Non queste false promesse di immortalità, ma l’abolizione delle stesse. Un’individualità di prima mano, autentica, auto-determinata, decentrata e decreata, non frammentata né soggiogata, prestata, o affidata ad un guru, ad un leader, ad un padre spirituale, alla cieca collettività di un gregge di fedeli, con le relative delimitazioni tra credenti e non credenti ed il codazzo di sospetti, sfiducia, paura, odio, violenza. Un’individualità i cui contorni sono posti in risalto proprio da un vuoto inatteso, causato dall’assenza di considerazioni personali dettate da superficialità, vanità, arroganza, narcisismo e complessi di inferiorità. Questa è la radicale rivoluzione dello spirito che si dovrà intraprendere nel Mondo Nuovo ed è l’unica che può funzionare, perché tutte le altre sono state tentate ed hanno evidentemente e miseramente fallito

L’albero che volle farsi artigiano e l’artigiano che sciolse le sue catene

1 commento:

Massimo ha detto...

Io ho avuto la "fortuna" di provare diverse volte questo sentimento oceanico nella mia vita. Proprio perché l'ho sperimentato, so che, nonostante tutto, non contiene risposte sulla vera natura dell'universo. Per quel che ne so, potrebbe benissimo avere ragione Freud. Come potrebbe averla Meister Eckhart. E' più probabile che abbiano ragione entrambi.