mercoledì 26 ottobre 2011

300 milioni di psicopatici se ne fregano della nonviolenza e dei diritti


Sospetto che il nostro tempo non sia semplicemente o principalmente un’età di follia ma un’età di psicopatia. Più precisamente: penso che una nota chiave della nostra epoca sia la manipolazione psicopatica di ansie psicotiche. Si fa leva sull’annichilimento apocalittico e su altri terrori catastrofici, approfittandosene
Michael Eigen, "Età di psicopatia", Milano: Angeli, 2007, p. 15.
Non deve dunque meravigliarci il fatto che molti psicopatici occupino delle posizioni di comando; ci meraviglia il fatto che in tali posizioni non ce ne siano in numero ancora maggiore...uno dei grandi problemi di ogni società, di ogni istituzione politica o di altre grandi istituzioni, consiste nell'impedire che, con il tempo, degli psicopatici privi di scrupoli, compensati e socialmente integrati, prendano in mano il potere...sono convinto che una democrazia nella quale i cittadini non siano in grado di smascherare gli psicopatici sia destinata a essere distrutta da demagoghi assetati di potere. In Svizzera, la "resistenza" contro le grandi personalità, la preferenza in politica per le figure mediocri sono connesse alla naturale tendenza a impedire, in ogni caso, che gli psicopatici prendano il potere...Questi "grandi criminali" (Alessandro Magno, Gengis Khan, Napoleone, Guglielmo II, Hitler, Stalin....) distruggono la vita di milioni di persone…Soltanto attraverso il dominio distruttivo e la seduzione dei popoli essi riescono a illudersi di non essere più degli emarginati.
Adolf Guggenbühl-Craig, "Deserti dell'anima: riflessioni sull'eros e sulla psicopatia", Bergamo: Moretti & Vitali, 2001, pp. 177-179.
Si ritiene che la politica mondiale sia tremendamente complicata e quindi incomprensibile, ma si tratta solo di un poker per il potere, spesso incredibilmente semplice, grossolano, primitivo. L’unica cosa che conferisce ai politici un alone di superiorità è il fatto che essi mantengono segrete le loro mosse e poi ci mettono di fronte ai fatti compiuti. La nostra sorpresa e il nostro stupore ci inducono a pensare che dietro il tutto debbano esserci state manovre estremamente complicate, ma in realtà la cosa si distingue appena dai giochi di guerra dei bambini: si tratta solo di un gioco di banditi, di assassini di massa, di psicopatici. […]. Basta solo leggere le biografie degli uomini di Stato, dei condottieri, dei magnati dell’industria, per rimanere colpiti dalla banalità, dalla scarsità di variazioni nei motivi che li spingono ad agire.
Peter Weiss, „Notizbücher 1971-1980“, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1981, p. 600.
Chi è privo di scrupoli morali, chi è pronto a mentire e a farsi strada fino alla vetta con l’imbroglio, chi fa promesse che non potrà mantenere e può [arrivare persino a uccidere] i propri rivali, ha un grande vantaggio su quanti sono frenati dal concetto di onestà…la brama di potere spesso serve a compensare qualche aspetto peculiare, fisico o psicologico.
Hugh Freeman, “Le malattie del potere”, prefazione di Giorgio Galli. Milano : Garzanti, 1994.
La personalità psicopatica (antisociale) si organizza sulla manipolazione cosciente degli altri e sulla ricerca di potere sugli altri. Si tratta di persone con elevati gradi di aggressività predatoria, e poiché sono incapaci di esprimere emozioni esse agiscono invece di parlare. A livello profondo presentano una mancanza di attaccamento alle altre persone, che vengono quindi considerate come pedine, utilizzate per dimostrare il proprio potere. le personalità psicopatiche non riconoscono le emozioni e le associano alla debolezza ed alla vulnerabilità. La loro infanzia è spesso caratterizzata da insicurezza e caos, un insieme confuso di estrema severità ed eccesso di indulgenza. I bambini che diventano psicopatici sono stati materialmente viziati ed emotivamente deprivati….Gli psicopatici da bambini hanno prima sviluppato un senso irrealistico di superiorità e in seguito, nella vita, attraverso l’esercizio del potere cercano di ripristinare la loro traballante autostima. Un sentimento profondo degli psicopatici è l’invidia primitiva, per questo essi cercano di distruggere ciò che li attrae. E’ noto che gli psicopatici psicotici uccidono ciò che li attrae. Essi tendono a svalutare e a disprezzare ciò che appartiene alla sfera della tenerezza perché ne sentono inconsciamente la mancanza. Le principali difese delle personalità psicopatiche sono il controllo onnipotente, l’acting out unito spesso alla dissociazione…Un indice diagnostico cruciale di psicopatia è la minimizzazione (dissociazione) delle azioni compiute che porta a considerare gravi azioni violente come “leggeri diverbi”,fino all’amnesia totale dei crimini violenti.
Fabbro Franco, "Neuropsicologia dell'esperienza religiosa", Astrolabio Ubaldini. 2010, p. 431.
Non si chiede agli Israeliani di dare qualcosa, ma di restituire ai Palestinesi ciò che è loro, la terra, l’autostima ed i loro diritti. Nessun ladro può pretendere qualcosa per restituire il maltolto. Solo uno psicopatico sarebbe pronto a distruggere un condominio o un intero quartiere per eliminare dei malviventi. Ma è quel che succede a Gaza.
Gideon Levy, "Demands of a thief" Novembre 2007 [http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/demands-of-a-thief-1.233907]

Chi non sa riconoscere il male che alligna dentro di sé e quello che c'è negli altri - ossia la carenza o, com'è il caso degli psicopatici, addirittura l'assenza di empatia - è condannato ad infliggerlo e subirlo.
Lo psicopatico è, molto semplicemente, una persona priva di coscienza e di empatia, ossia una persona amorale, un predatore naturale. Gli psicopatici più di successo sono quelli che indossano la maschera della santità, come "V", di "V per Vendetta":
Nella seconda guerra mondiale, dopo 60 giorni di combattimento continuo, il 98 per cento dei soldati doveva essere ricoverato per problemi psichici. Solo un 2% rimaneva in prima linea. Erano i soldati caratterizzati da una personalità psicopatica.
Gli psicopatici sono la ragione principale per cui la nostra civiltà fa più schifo di quel che sarebbe ragionevole attendersi, se fossimo semplicemente egoisti ed avidi, come in effetti siamo. Malauguratamente, una parte di noi è anche psicopatica. Le stime sull’endemicità della psicopatia variano, ma oscillano tra il 2 ed oltre il 6%, con picchi tra i “bianchi”, i cosiddetti caucasici. Stiamo dunque parlando di un numero di psicopatici a livello mondiale che può variare da un minimo di 140 milioni fino ad un massimo di 500 milioni. Non sono pochi: gli Stati Uniti hanno una popolazione di poco più di 300 milioni e l'Unione Europea arriva a 500 milioni. Il numero di espatriati, persone che non risiedono nel loro paese natale (migranti), corrisponde al 3% della popolazione mondiale. Ciò significa che ci potrebbero essere più psicopatici che immigrati, nel mondo. 
Fingere che non esistano e che non costituiscano un problema è insensato, tanto più che la loro mancanza di scrupoli e rimorsi li rende dei perfetti arrampicatori sociali. 
Stando così le cose, il pacifismo integrale e la nonviolenza senza alcun distinguo sono pratiche irresponsabili e suicide. Si è pacifici e nonviolenti solo con chi è pacifico e nonviolento. Con gli altri si lotta quando c'è da lottare. 
Questo studio indica una proporzione di 1 su 25 (4%) nel settore imprenditoriale:
Ma sono ovunque, anche nelle ONG e negli ospedali (chi conosce delle infermiere avrà certamente sentito parlare di colleghe/i patologiche/i), laddove possono esercitare maggior potere su persone più vulnerabili:
Le ricerche sulla psicologia infantile indicano che esiste una moralità innata, una grammatica universale con diverse declinazioni locali. I bambini sono dotati dei fondamenti morali universali sin dalla nascita perché sono empatici, si immedesimano e avvertono i sentimenti altrui, li fanno propri (Gopnik, 2010; Tomasello, 2010). Esiste però una categoria di bambini estremamente sfortunati che è indifferente alle espressioni facciali di paura e tristezza. Fa fatica a riconoscerle e si mostra sensibile solo a rabbia e disgusto. Negli altri bambini “normali”, si attiva l’amigdala, in loro no. Fin da piccoli manipolano con freddezza le emozioni altrui per ottenere ciò che vogliono (es. minacciare di uccidere un animale domestico se non li si lascia guardare la TV). Non sono in grado di capire la differenza tra fare del male ed infrangere le regole. Sono invece perfettamente capaci di capire gli altri, i loro desideri e credenze, ma se ne servono per manipolarli (Gopnik, 2010; Tomasello, 2010).
CARATTERIZZAZIONE DELLO PSICOPATICO
Il cervello di uno psicopatico non funziona al meglio perché le connessioni che normalmente collegano corteccia cingolata anteriore, ippocampo ed amigdala sono interrotte o carenti. Per questo la persona agisce sulla base di capricci e desideri, senza realmente tener conto dell’altra persona, che diventa un oggetto, non un essere umano con sentimenti, significato e dignità (Grossi & Trojano, 2005; Stracciari, Bianchi e Sartori, 2010). Almeno il novanta per cento degli esseri umani non soffre di questa disfunzione patologica. La restante parte (tra il 2% ed il 6-8%) non sa di aver un problema e ritiene di essere speciale, che sono gli altri ad avere un problema, perché sono ancora prigionieri delle convenzioni sociali, della manipolazione educativa, di norme di senso comune e civiltà che non condividono e che a loro paiono insensate (perché repressive ed inibitorie). Gli altri esistono solo per servire i loro fini. Mentre tutti gli esseri umani sono egocentrici – in diversa misura – gli psicopatici lo sono a livello patologico, trasformano l’egotismo in una scienza ed un’arte. Sono difficili da distinguere dagli altri perché, di norma, sono persone eccitanti, divertenti, affascinanti, piene di interessi e sembrano stabili ed equilibrate (conseguenza della loro assenza di coscienza, scrupoli e rimorsi), finché non sono ostacolati.
Ecco i loro tratti caratteristici: 1. privo di empatia; 2. uso frequente di affermazioni contraddittorie ed incoerenti non facili da individuare; 3. bugiardo patologico; 4. seduttore e magistrale manipolatore (riesce a dare la colpa alle sue vittime); 5. incapace di provare scrupoli e rimorsi; 6. emotivamente superficiale; 7. misantropico ed irresponsabile; 8. sessualmente promiscuo; 9. impulsivo, non sa controllarsi; 10. narciso, megalomane.
Questi sono i tratti distintivi dello psicopatico. È una griglia interpretativa (costellazione di tratti) riportata nell'Oxford Handbook of Psychiatry (2005) ed impiegata nello studio di questo disordine mentale in senso generale, ma non necessariamente utilizzata nella diagnosi clinica. Come sempre avviene (e come è giusto che sia), non esiste un consenso universale su fenomeni così complessi.
In aggiunta, possiamo dire che la loro percezione della realtà è distorta, le loro reazioni istintive ed emotive sono basate sulla menzogna e la loro mente interpreta le medesime generando altre falsità. Mostrano una comprensione superficiale delle conseguenze dei propri atti, immaginano di poterla fare franca, sopravvalutano se stessi e sottovalutano gli altri. Operano per dogmi e stimoli-reazioni invece di sviluppare la facoltà empatica e l’altruismo. La psicopatia è un’alterazione innata del carattere che comporta l’assenza di un codice morale interiore: lo psicopatico recita la parte della persona affabile, ma è indifferente, emotivamente freddo, i legami interpersonali sono debolissimi. Adulano con grazia, passare la serata con loro è rilassante e distensivo. Lasciano il vuoto dietro di sé perché sono vuoti.
Non s’incontrano quasi mai psicopatici puri, ma quasi nessuno è privo di tratti psicopatici. Gli psicopatici sono un estremo di una linea continua di coscienza morale di cui facciamo parte tutti noi. Tratti di psicopatia esistono nella maggior parte delle persone, ma non sono esageratamente sviluppate come nello psicopatico.
Gli psicopatici non mostrano alcuna crescita interiore, nessuna maturazione: rimangono gli stessi col passare del tempo: stessi sogni, nessuna trasformazione, psiche statica, inerzia, incapacità di progredire. Possono essere assassini ed infuriarsi per i maltrattamenti degli animali, si possono fare portavoce amorali della morale. Simulano i gesti attraverso i quali si esprime il senso morale (es. si fissano con l’onore senza sapere cosa sia). Sono maestri nell’immedesimarsi negli altri, ma solo come forma di mimesi per manipolarli meglio.
Questi tratti caratteriali aiutano a prendere il potere, ma non aiutano a mantenerlo. Sono eternamente angosciati e tormentati perché non si fidano del prossimo, quindi sono fredde macchine solo all’apparenza. In realtà sono vulcani attivi in attesa di esplodere di rabbia repressa, l’unico sentimento che provino, assieme al senso di frustrazione quando non ottengono ciò che vogliono. Gli psicopatici drammatizzano le emozioni ma non sentono quasi mai alcunché, salvo la dissonanza di vedere che le loro manipolazioni sono neutralizzate. La persona consapevolmente malvagia è perciò molto più pericolosa dello psicopatico, che invece assomiglia molto allo scorpione della famosa fiaba: “Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: "Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull'altra sponda." La rana gli rispose "Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!" "E per quale motivo dovrei farlo?" incalzò lo scorpione "Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!" La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell'obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all'insano ospite il perché del folle gesto. "Perché sono uno scorpione..." rispose lui "E' la mia natura". Nel lungo termine, lo psicopatico è autodistruttivo.
Le persone normali sono spaventate da eccessi di colpa, masochismo, auto-immolazione, auto-repressione. Colpa, ansia e vergogna inibiscono l’aggressività. Al contrario gli psicopatici non provano nulla, non si sentono colpevoli, tengono gli occhi incollati sul proprio interesse (Eigen, 2007).
Alcuni arrivano a promuovere l’egoismo come ideale “esoterico”, pretendono di essere gli unici che dicono le cose come stanno, laddove i “solidali” sono moralisti ipocriti. Sono fermamente convinti che solo gli idioti hanno una coscienza e che se uno vuole sopravvivere deve farne a meno. Per questo si comportano come vampiri/parassiti, come dei predatori. Se non ci fossero vittime, si autodistruggerebbero.
Adolf Guggenbühl-Craig, in “Deserti dell’anima”, descrive lo psicopatico compensato (o socializzato). È una persona che sospetta che ci sia qualcosa che non va in lui (o lei) ed iniziano a compensare questi deficit diventando moralmente rigidi, estremamente insistenti riguardo alle virtù. Esibiscono la loro moralità ma sono privi di amore. Ipermoralisti, difendono i sistemi morali in modo ossessivo perché temono che venga a galla la loro assenza di morale. Seguono pedissequamente le ricette morali come chi è un pivello culinario. È facile notare la loro rigidità morale, l’adempimento forzoso dei propri doveri, l’osservanza puntigliosa di tutte le norme, la scrupolosità esagerata. Vedono il mondo in termini rigidi e manichei: quel che non gli piace lo detestano, quel che gli piace lo ammirano. La loro sofferenza è martirio, un’ideologia: “nessuno ha mai sofferto quanto me!”.Contemporaneamente la loro fiducia nel prossimo è scarsa o nulla. Secondo loro l’umanità in generale è debole, egoista ed inaffidabile. Non vedono nulla di intrinsecamente meritevole o prezioso nel prossimo, che è solo una risorsa da sfruttare. In genere non lo ammetteranno mai, anzi, dichiareranno il contrario, pur continuando a razionalizzare il bene che vedono negli altri come una proprietà transitoria o una debolezza da sfruttare.
La violenza generalizzata è l’habitat perfetto per i mostri, per gli psicopatici integrati, quelli che s’irrigidiscono nei moralismi e si fissano intransigentemente sulle virtù etiche perché non hanno empatia e quindi non possono sapere cosa sia un comportamento spontaneamente morale. Una loro tragedia personale, da compatire, ma con esiti assolutamente devastanti per tutti gli altri. Sono infatti perfetti strumenti e promotori di tirannie. Saint-Just, protagonista del terrore rivoluzionario francese, è un caso esemplare. Infatti un elemento che li accomuna è un’idea assoluta di giustizia in cui chi non la pensa come loro è un malvagio incorreggibile e va rimosso.
Un altro caso emblematico è Adolf Eichmann, una figura tutt’altro che banale. [http://fanuessays.blogspot.com/2011/10/michael-seifert-e-adolf-eichmann-il.html]: la sua dedizione al dovere tradisce il suo senso di alienazione dal mondo ed il suo odio per chi non è come lui. Come il comandante del lager che va a dormire turbato perché le circostanze non gli hanno permesso di “smaltire” la sua quota giornaliera di Ebrei. Nessuna tirannia funzionerebbe se i quadri dirigenziali fossero occupati da psicopatici puri, servono quelli compensati.
Una delle ragioni per cui attaccano le persone che perorano delle cause degne di nota è perché le cause generano fama e popolarità, sono un perfetto strumento di produzione di senso, quel senso che bramano. S’impadroniscono della causa come un virus prende il controllo di una cellula. Sono dei dirottatori straordinari perché la causa permette loro di mimetizzarsi.
In senso generale, gli psicopatici sono “fallimenti” evolutivi, genetici o ambientali, anche se si comportano come se fossero un elemento legittimo del processo evolutivo. Una specie innatamente sociale non è compatibile con il loro atteggiamento. Per questo sono costretti a forzare gli schemi “naturali”per ricavarsi un posto al sole. È un’imposizione esistenziale per tutti gli altri, che pagano lo scotto della negazione della realtà dei primi. Ciò detto, sarebbe da psicopatici non provare pietà per loro e riproporsi di internarli o sterminarli. Sono esseri umani e meritano rispetto. Non hanno certo scelto loro di essere così ed è difficile non compatire chi si sente completamente estraneo a questo mondo, del tutto fuori posto. Si deve invece essere intolleranti nei confronti della psicopatia.
Per la maturazione della coscienza è di fondamentale importanza il dialogo interiore, specialmente se colorato da pensieri ed immagini emotivamente pregnanti: è da lì che hanno origine il senso di colpa, il senso della moderazione e del limite, nonché il rimorso ed il coraggio morale. Questo è qualcosa che uno psicopatico non potrà mai capire, poiché tende a dare per scontato che la sua forma mentis sia la medesima delle altre persone. Gli studi indicano che i pensieri degli psicopatici sono organizzati in piccoli pacchetti mentali, che sono utili per ingannare ma rendono impossibile l’elaborazione di pensieri profondi. Il loro panorama interiore è banale, dilettantesco, slavato, anonimo. Lo psicopatico non pensa di avere alcun problema emotivo e psicologico, e non vede alcuna ragione per cambiare. È soddisfatto di sé, non trova nulla di sbagliato in quel che è e in come si comporta e non si preoccupa delle conseguenze delle sue azioni, se non nei termini del conseguimento dei suoi obiettivi. Si sente un essere superiore in un mondo ostile in cui il prossimo è un concorrente per il potere e le risorse. Lo psicopatico non si cura del giudizio altrui, se non nella misura in cui un’impressione positiva può agevolare le sue manipolazioni. Purtroppo, anche per questa ragione la struttura della sua personalità è estremamente solida e difficile da alterare.
Certe persone sono moralmente ignoranti. Agiscono pensando di fare la cosa giusta ed eticamente permissibile, mentre ciò che fanno è immorale. I mostri morali invece sanno che quel che stanno facendo è immorale ma lo fanno ugualmente. Sono consapevolmente malvagi. Gli psicopatici non distinguono tra bene e male perché non hanno coscienza, i mostri morali ne hanno una corrotta (torsione di anime individuate). Vedono il mondo come privo di valore e significato, o assolutamente mediocre: la malvagità lo nobiliterebbe (cf. Nietzsche). In loro si verifica un’inversione della gerarchia di valori, nel classico senso di quel tipo di autocoscienza che produce una falsa concezione del reale valore delle cose.
Gli psicopatici danno sempre la colpa alle vittime. Se funziona, le vittime si sentono in colpa e sono ulteriormente depotenziate (es. figlio vittima di padre violento che si scusa con lui per averlo disturbato e pensa che le botte sono meritate perché è cattivo e inutile come gli ha detto il padre). Nella Sindrome di Stoccolma la vittima si identifica col carnefice e finisce per riverirlo e per detestare i suoi avversari (che sarebbero i soccorritori). È un insano legame che si instaura tra un uomo completamente svuotato di autonomia psichica e che non può fare altro, se vuole rimanere vivo, che cercare protezione in chi in quel momento assume, quasi letteralmente, gli attributi dell’onnipotenza. Tutto questo può accadere su scala collettiva.
COME SI RESISTE?
Dobbiamo perciò concludere che la presenza o l’assenza di coscienza è la più significativa distinzione umana, molto più importante di quella incentrata sui parametri dell’intelligenza, della razza e persino del genere. La psicopatia costituisce un ampio spettro di potenziale entropico e corruttore. Una persona individuata (cf. Jung) può diventare uno psicopatico se sufficientemente traumatizzata durante l’infanzia, la repressione della sua indole può causare la sostituzione di ciò che c’è di buono con qualcosa di oscuro e maligno. Un gregario-autoritario psicotico è un perfetto burattino aggressivo, ma una persona individuata e poi traumatizzata ha il potenziale di trasformarsi in un piccolo “anticristo”.
I traumi possono riguardare intere società, quando le crisi e le tirannie introducono discontinuità nella maturazione della personalità, fatta di dissociazione, rabbia latente e gregariato, tipica strategia di un autoritarismo votato alla soppressione dello spirito critico, dell’autonomia di giudizio, della voce della coscienza. Un programma di condizionamento pensato per de-umanizzare e per togliere di mezzo la “sacralità” della sovranità interiore, l’empatia e la dignità. Lo psicopatico brama l’auto-affermazione, le lodi altrui, impone l’ordine non per conservare una data struttura ma perché lo può fare. Il potere per lui è l’abilità di costringere gli altri a riconoscere la sua superiorità e modellarli in modo tale da farli rispecchiare la loro autorità. Aspira alla divinità in terra.
Se analizziamo attentamente la situazione presente potrebbe sorgere il sospetto che, in un certo senso, gli psicopatici stiano “terraformando” la civiltà umana per renderla più adatta alle loro esigenze, per conquistare e mantenere un dominio assoluto, come durante l’era dei totalitarismi, nel secolo scorso. Le grandi crisi epocali li avvantaggiano, perché generano caos e sconcerto. La fantasia dello psicopatico, lo abbiamo già visto, è quella di essere un dio e rifare il mondo a sua immagine e somiglianza.
La promozione della disperazione è il modus operandi del male. Lo psicopatico è come il ragno o la vespa che paralizza la preda prima di consumarla. Paralisi da paura, confusione e senso di colpa. Tuttavia, mentre il sistema crolla, l’universo continua ad essere un luogo di crescita e creatività. Chi si allinea con questa tendenza è un cittadino dell’universo, protagonista e non pedina o burattino manipolato dagli psicopatici al potere. La vigilanza, la circospezione sono il nostro scudo, l’autocompiacimento e la certezza della nostra rettitudine sono la nostra vulnerabilità [Sì, sì. Un difetto sempre più comune tra i Jedi. Troppo sicuri di sé essi sono. Anche i più vecchi, più esperti tra loro” (Yoda, Guerre Stellari)].
IL RUOLO DELL’EMPATIA
Una mucca se ne frega se calpesta un fiore o un insetto, molti di noi no. Un gatto non si addolora nel vedere un passerotto schiacciato per strada, noi sì (e non perché l'ha ucciso uno di noi, ma perché ci dispiace e basta). Quest'enorme risorsa che è la nostra coscienza empatica (e che, secondo me, indica la presenza di un'anima), non appartiene a tutti gli esseri umani nella stessa misura.
- Gli psicopatici ne sono completamente privi e ciò permette loro di salire rapidamente le gerarchie (la coscienza inibisce ed affligge chi ce l'ha). Forse dopo morti si disgregheranno come hanno cercato di disgregare ciò con cui sono entrati in contatto. Rientreranno nel ciclo evolutivo cosmico partendo dal fondo, atomizzati nella materia grezza, dopo essere stati dei buchi neri nel corso della loro miserevole e deplorevole esistenza.
- Una percentuale ancora maggiore di esseri umani è stata "psicopatizzata" pur non essendolo per natura, in seguito ad abusi, ecc. Il loro comportamento imita quello degli psicopatici, ma potrebbero ancora riscattarsi, se la società moderna fosse meno predatoria.
- Poi ci sono gli esseri umani che si comportano come membri di un branco. Possono esitare a fare certe cose, nutrire dei dubbi e degli scrupoli, ma alla fine obbediranno agli ordini, si conformeranno al comportamento altrui. La loro coscienza viene dopo.
- Infine ci sono le persone coscienziose, quelle che riflettono sulle conseguenze e moralità delle loro azioni. Commettono degli errori ma cercano di rimediare, imparare, migliorare. Respingono la logica del riflesso condizionato che meccanizza il pensiero e l'agire umano. Tendono a prediligere la condizione di libertà responsabile e solidale. Non è una vera scelta: è una condotta spontanea, in genere rafforzata dall'esperienza e dalla conoscenza (se non intervengono gravi traumi).
BIBLIOGRAFIA
Paul Babiak, Robert D. Hare, Snakes in suits: when psychopaths go to work,New York: HarperCollins, 2006.
James Blair, Derek Mitchell, Karina Blair, The psychopath: emotion and the brain, New York: Blackwell Publishing, 2005.
Hervey M. Cleckley, Mask of sanity, St. Louis: Mosby, 1941.
Michael Eigen, Età di psicopatia, Milano: Angeli, 2007.
Franco Fabbro, Neuropsicologia dell'esperienza religiosa, Roma: Astrolabio Ubaldini. 2010.
Alison Gopnik. Il bambino filosofo: come i bambini ci insegnano a dire la verità, amare e capire il senso della vita, Torino : Bollati Boringhieri, 2010.
Dario Grossi, Luigi Trojano, Neuropsicologia dei lobi frontali: sindromi disesecutive e disturbi del comportamento, Bologna: Il mulino, 2005.
Adolf Guggenbühl-Craig, Deserti dell'anima: riflessioni sull'eros e sulla psicopatia, Bergamo: Moretti & Vitali, 2001.
Robert D. Hare, Without conscience: the disturbing world of the psychopaths among us, New York: Guilford Press, 1999.
Robert D. Hare, La psicopatia: valutazione diagnostica e ricerca empirica, Roma : Astrolabio, 2009.
J. Reid Meloy, The psychopathic mind: origins, dynamics, and treatment. Northvale, NJ: Jason Aronson Inc., 1988
Martha Stout, The sociopath next door, New York: Broadway Books, 2005.
Andrea Stracciari, Angelo Bianchi, Giuseppe Sartori, Neuropsicologia forense. Bologna: Il mulino, 2010.
Michael Tomasello, Altruisti nati: perché cooperiamo fin da piccoli, Torino: Bollati Boringhieri, 2010.


1 commento:

Unknown ha detto...

Interessante, documentato, stimolante.
Grazie.

Cristiano Gabrielli

www.cristianogabrielli.com